Page 30 - Genta a Roma
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SETTIMIO DE VICO                    Vetturino e poeta, cicerone e bersagliere
            (1882-1916)                         morto in guerra





                   Settimio De Vico, romano, per le povere condizioni di famiglia aveva dovuto cominciare a
            lavorare  molto  presto.  Poco  più  che  ragazzo  faceva  già  il  vetturino  ma  nello  stesso  tempo
            cominciava  a  coltivare  quelle  che  erano  le  vere  passioni  della  sua  vita:  la  poesia  dialettale  e
            l’interesse per le antichità della sua città. A diciassette anni, con lo pseudonimo di "Er Moretto"

            sul  periodico  dialettale  Rugantino  pubblicò  i  suoi  primi  versi,  A  cassetta,  che  ebbero  subito
            successo  popolare.  Seguirono  altre  poesie  che  consolidarono  la  sua  piccola  fama  di  poeta
            romanesco: del 1902 sono A li bagni de Porto d’Anzio, ossia li mariti che se diverteno, poi  le  Rime  e
            Aritornelli e canzoni. Ma l’opera più riuscita di De Vico rimase il Quo V adis?, raccolta di 50 sonetti,

            scritto tra il 1904 e il 1913 e dedicata –  come del resto tutti i suoi componimenti –  alla sorella
            Flavia che gli aveva fatto da madre.
                   Verso  il  1910  pensò  di  mettere  a  frutto  il  suo  amore  per  l’antichità  esercitando  pure  il
            mestiere di cicerone. Del resto, le due attività non erano così lontane e l’accoppiata vetturino –
            cicerone era piuttosto usuale anche se spesso con il risultato messo in burletta da Trilussa:


                                         IL VETTURINO CICERONE


                                         Madama, regardé le Colossè
                                         la più bel cose de la Roma ansienne,
                                         ù le fiere ferisse, là o migliè
                                         il se pappè le povere cristienne….
                                         Il a eté fabbriché da Vespasienne
                                         dopo la guerre avecche di giudè.

                                         Eh! S’è tre grande! Uvì!
                                         Eh! S’è tre large! Isì
                                         san dutte c’entreron
                                         sant mille e più person…


                   Proprio per non fare di queste figure, De Vico, persona seria, si mise a studiare le lingue
            andando a perfezionarsi addirittura a Londra (sì, addirittura, perché in quegli anni un viaggio in
            Inghilterra non era uno scherzo).
                   Purtroppo, Settimio De Vico non poté illustrare a lungo i monumenti della sua Roma agli
            stranieri. Arruolatosi nei bersaglieri allo scoppio della Grande Guerra, morì nel novembre del '16,

            in  Carnia,  durante  un  assalto  alla  baionetta.  Poco  prima,  aveva  cominciato  a  comporre  un
            poemetto,  rimasto  incompiuto,  Canti  de  guera,  in  cui  il  tema  patriottico  entrava  nella  sua  vena
            popolaresca. Pochi giorni prima di morire aveva mandato ad un amico questi spavaldi versi, gli
            ultimi della sua semplice vita:


                                         È pe' sto sogno, è contro chi ce tocca
                                         che noi stamo giocanno la partita
                                         mettendo tutti a risico la vita
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