Page 3 - Il mito popolare di Cola Di Rienzo
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tanto amava. Altri, viceversa, sottolineano che Cola, nella seconda parte della sua vita, al suo

                   ritorno romano, sotto le vesti paludate di Senatore al servizio del papa, ha tradito gli ideali

                   laici di un tempo e che si sia avviato verso la più crapulosa e stravagante tirannia. Se da un

                   canto  il  Tribuno  viene  riconosciuto  sempre  come  un  uomo  onesto  e  giusto,  dall'altro  si

                   mette  in  evidenza  come  il  potere  stesse  inebriando  Cola,  specialmente  nelle  cerimonie,

                   sempre più fastose, lui che si addobbava con vestiti, sempre più ricchi e appariscenti. Da una

                   parte ecco i ritratti beatificanti, simili ai "santini": Cola di Rienzo bello, colto, d'ingegno, è il

                   povero popolano che è diventato lo stimato notaio ("si è fatto da solo"), l'uomo che dalla

                   lettura dei classici e specialmente, da quella delle vetuste epigrafi di cui la sfasciata Urbe me-
                   dioevale era ancora ricca ha contratto un'ammirazione entusiasta per la potenza dell'antica

                   Roma. E anche: "...era bell'omo, ed in sua bocca riso appariva in qualche modo fantastico."

                   Di contro,  ritratti  maledetti e  dissacratori:  Cola in  preda a crisi epilettiche, insonnia, cupe

                   tristezze,  esplosioni  d'ira,  discorsi  infuocati  e  urlati,  infarciti  da  sogni  di  grandezza,

                   degradazione  alcolica, follie  alla Nerone;  dice  con  tanta  efficacia l'Anonimo della Cronica:

                   "Hora lacrimava, hora sgavazzava."

                         Viperino e gelido è il giudizio del cavalier Gaetano Moroni, romano, che nell'Indice
                   generale  del  suo  Dizionario  di  erudizione  storico-ecclesiastica  così  lo  definisce  e  liquida:

                   "Cola  di  Rienzo  o  Nicola  di  Lorenzo  Gabrini  taverniere,  tribuno  augusto  e  senatore  di

                   Roma,  ardito,  fanatico  e  stravagante  novatore,  sospetto  di  eresia."  Mentre  Francesco

                   Petrarca,  lirico  e  sognatore,  propugnatore  con  Cola  di  Rienzo  di  fantasiosi  e  innovatori

                   disegni politici, in chiusa alla canzone Spirto gentil così sembra alludere a lui: "Sopra il Monte

                   Tarpeo, canzon, vedrai / Un cavalier ch’Italia tutta onora, / pensoso più d'altrui che di se

                                                                                 1
                   stesso...". Spicci e giornalisticamente incisivi Montanelli e Gervaso  nella Storia d'Italia, l'Italia
                   nei secoli d'oro vedono Cola di Rienzo in questo modo: "Era un miscuglio di Mussolini e di

                   La Pira: un tipico arruffapopolo italiano che parlando si ubriaca delle proprie parole e finisce
                   per crederci smarrendovi il senso della realtà e della misura."

                         Queste  sono  solo  alcune  delle  definizioni  ma  ce  ne  sono  tante  altre,  pro e  contro,

                   sempre  nette  e  perentorie  su  Nicola  il  magro  (il  Tribuno  ispirato)  e  su  Cola  il  grasso  (il

                   Senatore  crapulone).  E  poi,  avventurosissimi,  un'infinità  di  episodi  sulla  vita,  a  dir  poco




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                          Indro  Montanelli  e  Roberto  Gervaso,  Storia  d'Italia,
                   l'Italia nei secoli d'oro, Milano, Rizzoli, 1967, pag. 135.
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