Page 4 - La tentazione comica
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Romeo Marchetti disegnatore e  direttore de “ Il Pupazzetto”, i figli di D’Annunzio, Cesare Pascarella
            che abita in via dei Pontefici, strada che non c’è più e che era da quelle parti.
                    L’allegra  e  variegata  tribù,  o  parte  di  essa,  al  posto  dell’ormai  morente  Carnevale  romano
            organizza veglioni al chiuso dei nuovi teatri, il Costanzi e il Nazionale; la congrega in queste occasioni si
            adopera per realizzare alcune ricostruzioni in cartapesta su temi d’attualità. Celebre quella relativa alla “
            Nave “ di D’Annunzio: sul palcoscenico del Teatro Nazionale viene costruita una colossale barchetta
            simile a quella che i ragazzini fanno con la carta sulla cui prua è innestata una colossale testa del poeta.
            Nel corso  del veglione  un gruppo  di  giovanotti,  vera  teppa  in  marsina,  che  non  simpatizzano  con
            l’autore della “ Nave “ fracassano la testa di cartapesta che lo raffigura e rovesciano tutta la struttura.
            Sicuramente un gaglioffo atto di vandalismo che però dimostra la distanza tra il paludato pensiero del
            vate  e lo spirito anarcoide-libertario-anticonformista degli attentatori. Non si è mai saputo se l’azione
            fosse frutto di un gruppo di futuristi che  in quegli anni avviavano le loro rivoluzionarie manifestazioni.
            I nostri non c’entravano per niente. Era gente certamente brillante e spiritosa ma in definitiva molto
            paciosa e in fondo molto tradizionalista. Organizzavano più credibilmente allora le celebri “ carciofolate
            “ vera e propria maniera di godersi la vita nel modo più qualunque ed ordinario: una bella mangiata o,
            meglio, “ magnata “. Ecco il menu: spaghetti, carciofi a piacere, filetti di baccalà, formaggio, frutta e
            abbondantissimo  vino.  Tutto,  almeno  prima  del  1900,  per  due  lire.  La  numerosissima  comitiva  dei
            partecipanti,  tutta  in  costumi  incomprensibili  e  senza  senso,  partiva  da  Via  Margutta  e  traversando
            Roma,  arrivava   a Monte  Cenci.  Al termine  del banchetto,  il  corteo,  abbastanza  bevuto,  con  alcuni
            sminfaroli ( suonatori ) in testa, arrivava al Colosseo dove si intratteneva, fra un concertino e l’altro, per
            tutta la notte.  E’ la Roma dei banchetti: ogni occasione è buona e l’Urbe si presta meravigliosamente
            bene con le sue ruffiane rovine e i suoi antichi spazi. E’ pronta quindi ad accogliere un gran numero di
            festanti commensali. Memorabili trimalcioniche mangiate al Congresso Internazionale dell’Agricoltura,
            al  Congresso  Internazionale  della  Stampa,  alla  chiusura  estiva  della  Camera  dei  Deputati.  Il  nostro
            gruppo di cronisti,  giornalisti e   vignettisti partecipa  con  gioia  a  questi  eventi  anche  con  la  scusa di
            resocontare gli avvenimenti nei  loro giornali. In questa atmosfera da clerici vagantes, fra “Carciofolate”,
            chiacchere, sminfe, duelli per ogni sciocchezza, progetti su ogni direzione, si profila una stampa sempre
            più specificatamente e dichiaratamente satirica: ai primi del Novecento ecco che nasce “Il Travaso delle
            Idee”.  Il  titolo  è  ripreso  da  Filiberto  Scarpelli  immortalando  l’  omonima  testata  di  Tito  Livio
            Cianchettini,  marchigiano  a  Roma,  morto  poco  prima  e  mentore  dell’originale  tendenza  satirica  del
            nuovo  periodico.  Il  direttore  del  settimanale  è  Carlo  Montani,  pittore  dei  XXV  della  Campagna
            Romana  e  critico  d’  arte  con  la  collaborazione  dei  caricaturisti  Romeo  Marchetti,  Enrico  Novelli
            (Yambo), Filiberto Scarpelli e Arnaldo Tolomei (Atomo); ci lavora anche Trilussa con le  “lettere” a
            firma  Maria  Tegami  una  divertente  intellettuale-cocotte  che  con  linguaggio  dannunziano  pieno  di
            strafalcioni  racconta  impietosamente  la  vita  della  potente  società  romana  di  quel  tempo,  quella  che
            conta.  Il  contributo  trilussiano  ottiene  grande  successo  come  pure  la  rubrica  del  “cittadino  che
            protesta” di Luigi Lucatelli che si firma “Oronzo E. Marginati”. Sempre in quegli anni Trilussa, giovane
            e  squattrinato,  scrive  alcune  “macchiette”  in  italiano  per  il  comico-canzonettista  napoletano  Nicola
            Maldacea  che  recita  al  Salone  Margherita  uno  dei  numerosi  romani  “caffè  concerto”,  equivalente
            nostrano del parigino café chantant. E’ il momento d’oro di questi locali della Roma borghese umbertina
            dai  titoli  così  tanto  d’epoca:  “Trianon”,  “Orfeo”,  “Gambrinus”,  “Acquario  Romano”,  “Olimpia”,
            “Odeon”. Su quelle ribalte, non sempre solide, passano Petrolini, Fregoli, Viviani, Cuttica, Bambi, la
            bella Otero, Fulvia Musette. E’ il tempo dei prestigiatori, della “mossa”, dei giocolieri, delle sciantose.
            Le  “macchiette”  trilussiane  piacciono,  fanno  ridere,  hanno  e  avranno  molta  fortuna.  Ma  lo  stesso
            Trilussa, ancora in vita, sulle nubi della gloria, non volle che fossero comprese nella prima opera omnia
            mondadoriana del 1951 Per tutti gli anni precedenti Trilussa è sempre abbastanza attivo (dico “sempre
            abbastanza” perché è costituzionalmente  propenso a non prendere nessun impegno). Pertanto tra il
            1927 e il 1930 il poeta ( sta da tutte le parti ma è così per forza data la sua popolare notorietà ) allestisce
            con il direttore de “Il Travaso delle Idee” Guglielmo Guasta e sua moglie Olga “ La baracca delle favole
            “ un teatrino di  burattini che  mette in scena “farse da  piangere  e tragedie da  ridere”;.frequenta con
            piacere i salotti mondani e cinematografici di Lucio D’Ambra e della coppia Carmine e Soava Gallone;
            è coinvolto in una quantità di progetti cinematografici ma nessuno si concretizza. C’è solo una revisione


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