Page 4 - fabrizi
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esaltatori  di  Roma,  senza  programmi  e  senza  statuti,  che  si  riuniscono  in

                        numero ristretto nel noto ristorante trasteverino: i commensali non si limitano
                        soltanto  a  mangiare  e,  devo  credere,  molto  bene,  alla  romanesca  ma,  tra

                        l'arguzia  e  il  buon  umore,  come  in  una  libera  Accademia,  discutono  di
                        argomenti  storico-letterari,  di  temi  artistici,  di  problemi  cittadini.  Tutto  con

                        passione e disinteresse, con lo scopo di fare qualche cosa per la nostra Città.
                        Da  queste  tavolate  sono  nate  pubblicazioni,  mostre  e  convegni, e  da  qui  ha

                        avuto inizio quella cultura "romanistica" poi in seguito consolidata dall'attuale
                        "Gruppo dei Romanisti".

                             A proposito di "Cacarella" dobbiamo pensare che questa volta i due sono
                        andati alla ricerca non di cose ma di tipi romani perché "Cacarella", più che un

                        tipo,  è  uno  strepitoso  personaggio  di  quelli  che  rimangono  impressi.

                        Basterebbe il suo gentile soprannome per suscitare curiosità, per volerne sapere
                        di più e perché. In realtà si chiama Costantino Dell'Uomo, è un brav'uomo ma

                        principalmente  è  un  po'  pauroso  per  cui  il  suo  nomignolo  si  associa
                        romanescamente alla cacarella, alla sua paura e tutti lo chiamano così, però in

                        maniera molto affettuosa. Al contrario non lo deridono, non lo canzonano, è
                        simpatico,  gli  vogliono  bene.  Se  le  merita  queste  attenzioni  perché,  più  che

                        altro, "Cacarella" è un carrettiere a vino un po' speciale, un'amabile macchietta
                        di  una  Roma  che  sta  scomparendo.  Trasporta  il  vino  dai  Castelli  e  in  quel

                        localetto che ha, lo vende sì, ma è come se l'offrisse, beve con gli amici, brinda;
                        col bicchiere in mano racconta leggende, credenze e pregiudizi popolari, recita

                        qualche  proverbio,  canticchia  qualche  ritornello,  tutto  fieramente  vestito  da
                        carrettiere come un disegno di Bartolomeo Pinelli. Si offende se qualcuno lo

                        chiama oste o cameriere. Lui proclama che è solo un carettiere a vino; tutt'al più -
                        spiega - si può trasformare in un Mago quando offre l'elisire de lunga vita a 'sta

                        pòra umanità triste e sderenata ! E va avanti a forza di sentenze, detti, modi di dire

                        di  origine  popolare,  pieni  di  buon  senso,  semplici,  primitivi.  È  un  misto  di
                        filosofia romanesca e di antica saggezza con la lingua un po' legata se ha bevuto

                        un goccetto in più: A 'sto monno ce se campa 'na vorta sola e 'gni lasciata è persa !
                        E poi Noiantri semo porvere…semo fatti de fanga…e quanno la fanga se secca ridiventamo

                        porvere.  Di  seguito cambia registro  e  sgorgheggia:  La salute sta a nummero uno,
                        magno, bevo e nun vedo gnisuno! Poi, sornione, canticchia: Fiore de menta/ chi cià pochi

                        quatrini  sempre  conta/ chi  cià  la  moje  bella  sempre  canta.  Grande  soddisfazione  di
                        Ceccarius e di Fabrizi di poter assistere ad un simile spettacolo, un condensato


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