Page 5 - fabrizi
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di tradizione popolare, e dal vivo, così autentico. A Fabrizi in special maniera la

                        cosa rimane a mente tanto da riprodurla dopo sulla scena quasi per intero in un
                        famoso monologo, tra i più belli, "Cacarella ovvero carettiere a vino". È uno dei

                        tanti  applauditi  risultati  che  Aldo  Fabrizi  ha  ottenuto  attraverso  il  voluto  e
                        amoroso contatto con la sua Roma.

                             "Cacarella"  è  ancora  un'altra  volta  un  tema  ricorrente  tra  Fabrizi  e
                        Ceccarius: tra gli autografi in ceramica, dell'ormai famosa collezione posta sul

                        muro  del  villino  di  Ceccarius  a  S.  Severa,  ne  figura  uno  di  Fabrizi  che
                        ricordando  la  comune  frequenza  da  "Cacarella",  e  il  profluvio  di  tradizioni

                        popolari che dilagava da quel caratteristico postarello trasteverino, così scrive:
                        Fiore  de  pane/A  Ceccarius/si  ognuno  se  impicciassimo  pe'  sene/sarebbe  un  monno  de

                        felicitane.  Aldo Fabrizi.  Da  "Er  carettiere  a  vino".  Uno  spicchietto  di  una  Roma

                        amata da entrambi.
                             Anche io, voglio dare un personale piccolo contributo alla rievocazione

                        di  "Cacarella".  Dato  che  i  Ceccarelli  abitavano  allora  in  via  Corsini  a
                        Trastevere, per prendere Ponte Sisto ero obbligato a passare per via Benedetta

                        davanti all'osteriola del noto carrettiere. Ricordo che sull'insegna c'erano scritti
                        alcuni versi, come fossero un consiglio salutare:: Si vi volete aripulire le budella/

                        venite a beve qui da Cacarella.  Ricordo  anche  lui,  il  carettiere,  ormai  un  vecchio,
                        stanco  carrettiere  romano  in  demolizione,  seduto  per  strada  davanti  alla

                        bottega  su  quelle  comode  sedie  con  la  paglia,  con  il  costume  ottocentesco
                        sempre più sdrucito. I benemeriti cronisti ed eruditi di tipologie romanesche lo

                        danno morto nel 1947.
                             Fabrizi  dopo il bagno  popolaresco  comincia  a scrivere  qualche  poesia.

                        Maria  Cielo  Pessione  che  ne  è  la  nipote,  attenta  ed  amorosa  vestale
                        dell'Archivio  e  dei  ricordi  del  celebre  nonno,  così  racconta:  "  Lo  era  stato

                        sempre  un  poeta  accorato,  malinconico  e  dialettale  che  già  a  vent'anni

                        pubblicava  poesie  sulla  rivista  romana  "Rugantino".  Fu  grazie  a  questa  sua
                        attività che entrò nel mondo dello spettacolo innamorandosi di una cantante

                        romana, per  la quale  aveva scritto  le  parole  di  una  canzone  che  lei portò  al
                        successo. Anche per amor suo iniziò a esibirsi nei piccoli teatri di provincia per

                        90  lire  serali  in  qualità  di  comico  grottesco,  con  un  repertorio  di  spassose
                        canzoncine, e nello stesso tempo riuscì a imporsi all'ammirazione del pubblico

                        in sale di avanspettacolo più prestigiose, duettando strofette salaci proprio con
                        lei, con quella Beatrice Rocchi cantante dialettale già famosa in tutta Italia col


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